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La cima vista dalla discesa |
Regione: Piemonte (Torino)
Alpi e Gruppo: Alpi Occidentali - Alpi Cozie - Gruppo Ambin Provincia: Torino Punto di partenza: Rif. Vaccarone (q. 2747 m), incustodito - Val d'Ambin Versante di salita: SW-SE Dislivello di salita: 635 m - Totale: 1270 m Tempo di salita: 2,45 h - Totale: 4,45 h Periodo consigliato: fine giugno - inizi ottobre |
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Questa bella cima del gruppo d'Ambin ne cosituisce la vetta più elevata; vista dal Colle del Piccolo Moncenisio appare come la spalla O dei più ravvicinati e suggestivi Denti d'Ambin che si elevano di poco più bassi sulla medesima cresta poco oltre il cosiddetto 'Nodo di Confine'. Vista dal gruppo del Sommelier/Niblè invece sembra confondersi con le diverse antecime che si elevano sulla cresta di confine italo-francese oltre il Colle dell'Agnello. In passato fu chamata Pyramide per il segnale di pietre costruito nell'800 per delle misure geodetiche.
Al Rif. Vaccarone da Exilles SS24 Déveyes, bivio a destra a Colonia Viberti (8 Km), poi lungo sentiero E 546 segnavia AVS (ore 04.00 - EE). Da Ghimonte su strada asfaltata fino a Ramats (2 Km) poi lungo sentiero (ore 05.00 - EE). Lasciato il Rifugio Vaccarone seguire le tracce di sentiero che si inerpicano sul pendio retrostante in direzione NW. Tale sentiero, marchiato con evidenti bolli di vernice gialli ed ometti di pietre sempre ben visibili, costituisce una vecchia mulattiera tracciata nel periodo tra le due guerre mondiali che collegava il Colle dell'Agnello con il pianoro sul quale sorge il Rifugio e quindi con la stretta ed aspra Val Clarea. Essendo stata tracciata in un periodo in cui il ghiacciaio dell'Agnello era ancora presente e corposo percorre tutta una serie di morene centrali del vallone che puntano direttamente al Colle dell'Agnello; in molti punti oggigiorno tale mulattiera sia scomparsa o comunque confusa nella vasta pietraia. La traccia scende dalla cresta morenica e, attraversando un canalone facilmente innevato risale ripido sulla dorsale della morena sulla destra. Da qui il percorso si sviluppa tutto su un terreno lunare cercando e seguendo fedelmente gli ometti di pietre. Come riferimento di massima si consideri che la direzione è quella dell'evidentissimo Colle dell'Agnello che, sull'orizzonte, è il secondo colle visibile da sinistra.
Giunti sul Colle, superando una bella rampetta finale che ad inizio stagione è probabile sia ancora molto innevata, sulla sinistra è possibile individuare una traccia di sentiero che si dirige a mezzacosta sul ghiacciaio del Ferrand che conduce sino al Col d'Ambin dove è presente il Bivacco Walter Blais sulla testata del vallone di Galambra. Sulla cresta che prosegue a destra si nota una traccia di sentiero in alcuni punti abbastanza esposta che percorre mezzacosta sul versante francese sino ad arrivare nei pressi di un primo modesto ma ripido salto roccioso. Non aggirarlo dal verticale versante italiano e nemmeno risalirlo sui primi grossi cengioni che conducono ad un vicolo cieco, ma abbassarsi di una ventina di metri sulla pietraia del versante francese in un tratto in cui il sentiero è poco marcato e visibile. Rimanendo alla base dei grossi blocchi verticali del salto roccioso lo si aggira in direzione N-NW sino ad arrivare ad una ripidissima rampa di sfasciumi marci sui quali si ritrova la traccia un po' più marcata. Risalire faticosamente a ripide svolte in direzione E, ortogonalmente al filo di cresta soprastante, fino a riguadagnarlo in un punto molto panoramico sul versante italiano e sull'intero massiccio d'Ambin (3.200 m - 1,50 h'). Su terreno decisamente più solido costituito da rocce di maggiori dimensioni percorrere l'ampia traccia che segue abbastanza fedelmente il filo di cresta sino a giungere su un punto più elevato della stessa oltre il quale discende ripido di alcune decine di metri in un colletto. Sempre seguendo la traccia discendere sino al colletto e tagliare a mezzacosta sul versante francese sempre in leggera discesa per portarsi appena al di sotto di un secondo ripido salto roccioso. Aggiratolo in modo analogo al precedente ci si porta alla base di un modesto canalone detritico abbastanza inclinato che si raddrizza sempre più in direzione del filo di cresta; percorrerlo sino a giungere in uno stretto colletto tenendo in considerazione il fatto di risalirlo mantenendosi al centro dello stesso sugli sfasciumi senza lasciarsi attirare dalle rocce di destra che pur sembrando più salde in realtà si rivelano ripide, marce e molto pericolose (3.339 m - 2,20 h). Raggiunta la cresta NE che scende sino al Nodo di Confine, la si percorre in discesa fino al grosso nevaio che si vede sulla destra poichè da lì si può scendere verso il ghiacciaio del Muttet. A questo punto si vede in direzione N l'ultimo tratto di salita alla vetta costituita da un tratto di facile cresta sulla quale è abbastanza evidente la traccia ed un tratto di facile arrampicata proprio sotto il segnale di vetta, comunque evitabile proseguendo in mezzacosta sino a ritrovare la cresta opposta che sale più regolare alla vetta dal Nodo di Confine (2,45h).
Come per la salita. Altrimenti si può effettuare un percorso diverso, ma da effettuarsi esclusivamente oltre la metà stagione con poca neve in quota e nei tratti più verticali e in condizioni di ottima visibilità. Questa discesa accorcia decisamente il percorso ma affronta almeno due tratti su cenge ripide ed esposte che devono essere affrontate con molta cautela e senso di costante valutazione. Dalla cima discendere per tutto il tratto più ripido la cresta NE della Rocca d'Ambin che conduce sino al Nodo di Confine; superati i salti rocciosi del versante italiano, nel punto in cui la cresta si appiana, scendere sul versante italiano sfruttando la presenza di alcune lingue di neve e ghiaccio presenti anche in stagione avanzata e facendo attenzione ai pochi e comunque visibili salti rocciosi. Effettuando quindi un percorso a semicerchio in mezzacosta su terreno misto, portandosi praticamente sotto la verticale della vetta salita ovvero appena al di sotto di un modesto salto roccioso, si giunge nel punto opposto del valloncello, subito al di sopra di un piccolo salto roccioso da discendere tendenzialmente sulla destra sfruttando alcune larghe cenge e lingue nevose. Giunti nel vallone successivo non scendere sin nel fondovalle ma, anche in questo caso, effettuare un semicerchio antiorario a mezzacosta in maniera analoga alla precedente situazione. Si arriva così sul bordo del secondo salto roccioso decisamente più imponente e complicato nel superamento del precedente. Per affrontarlo bisogna osservare con attenzione la conformazione dello stesso considerando che è costituito da grosse cenge disposte diagonalmente verso il basso da W verso E; scendendo facilmente i primi metri saltando o aggirando alcuni blocchi è possibile individuare ed imboccare una cengia ben più larga delle altre. Percorrendola con molta attenzione utilizzando anche le mani in alcuni punti più ripidi si giunge sino nei pressi di un picclo canale che, poco sotto sulla destra, ci permette di imboccare un'altra cengia con direzione opposta alla precedente che ci porta sino alla base del salto roccioso. Attraversato un piccolo ma ripido nevaio si può scendere decisi nel fondovalle sulle ripide pietraie sottostanti sino ad arrivare nei pressi di un piccolo laghetto. Guadato il suo estuario si risale il ripido pendio che si ha di fronte sino a riguadagnare brevemente la cresta della morena centrale; una volta giunti sull'ampia cresta percorrerla in direzione SE sino a ritrovare in breve i segni gialli e quindi la traccia percorsa in salita. Da qui in breve ripercorrendo a ritroso il sentiero di salita si arriva al Rifugio Vaccarone (2h circa).
Piccozza e ramponi ad inizio stagione.
La cresta vista da sotto la vetta | Sulla cima | Versante di discesa |
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