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L’itinerario di salita alla Cima del Duca, da NW |
Regione: Lombardia (Sondrio) ![]() Alpi e Gruppo: Alpi Occidentali - Alpi Retiche - Gruppo Masino Provincia: Sondrio Punto di partenza: Chiareggio (q. 1612 m) Versante di salita: NE Dislivello di salita: 1356 m - Totale: 2712 m Tempo di salita: 5,00 h - Totale: 9,30 h Periodo consigliato: da metà luglio a metà settembre |
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Vetta rocciosa e imponente, dalle linee attraenti, posizionata sulla catena che dal Pizzo Cassandra si protende verso NE. Il versante rivolto ad occidente, verso la Val Ventina, è formato da una vasta parete, ma di scarso interesse alpinistico data la scadente qualità delle rocce. L’ascesa proposta lungo la cresta NE, considerata la via normale, offre invece un’interessante arrampicata, riservata però ad alpinisti esperti, in grado di superare passaggi fino al III+. Da tener presente che in loco non esiste alcun tipo di protezione per il superamento dei passaggi più impegnativi ed è pertanto consigliato portare al seguito chiodi da roccia e tutto il materiale necessario per la progressione in sicurezza.
Il Ghiacciaio della Cima del Duca, riportato ancora su diverse carte, che si annidava sotto il versante N della montagna, è ormai del tutto estinto. Permane solamente una piccola placca ghiacciata sul fondo di una larga conca morenica, sotto la Bocchetta di Lagazzolo, ma non interferisce con l’itinerario di salita al valico. In estate, piccozza e ramponi non sono quindi necessari.
Notevole il panorama offerto dalla vetta, in particolare sui gruppi del Disgrazia e del Bernina.
Dettagli della salita nella fotoscalata.
A Sondrio si prende la strada per la Valmalenco, raggiunto Chiesa si prosegue fino a Chiareggio, dove si parcheggia.
A Chiareggio si attraversa il torrente Mallero sopra un ponte e si imbocca, verso destra, la pista sterrata che conduce ai rifugi. Dopo un primo tratto quasi pianeggiante la pista entra in Val Ventina. Ignorando nel prosieguo le deviazioni a sinistra e a destra, si supera il gradone della valle con un lieve strappo e si arriva al Rifugio Gerli-Porro (q. 1965 m) e poco più avanti al Rifugio Ventina (q. 1975 m, h 1,00 da Chiareggio). È un posto davvero idilliaco e molto frequentato la piana valliva dell’Alpe Ventina, con le larghe anse del torrente, il ghiacciaio con le sue alte morene laterali e le numerose vette che coronano la valle.
Un centinaio di metri dopo il rifugio Porro sono presenti numerosi cartelli indicatori. Si prende a sinistra, per Torrione Porro, Via Ferrata al Torrione Porro e Sentiero del Larice Millenario. Il sentiero, sempre ben segnalato, sale con numerose svolte poco a destra della colata di ganda che scende dalla parete W del Torrione Porro, tra cespugli e pini mughi. Si sale per un buon tratto, fino ad un pianoro ingombro di ganda. Tralasciando le indicazioni per la ferrata, si prosegue per qualche centinaia di metri lungo il sentiero principale, fin dove si trova il larice millenario (cartello indicatore).
Qui (vedi prima immagine di dettaglio), si abbandona il sentiero e si sale verso destra (SE), in direzione di un evidente e largo pendio di sfasciumi e ganda, inizialmente tra cespugli, rocce e qualche rado larice. Nel prosieguo sulle rocce appaiono dei segnali bianchi rettangolari che ci aiutano a risalire questo lungo pendio, monotono e un poco faticoso. Giunti alla sua sommità, ci troviamo sull’orlo di una vasta conca morenica, nel cui mezzo si trovano i resti del ghiacciaietto della Cima del Duca. Si contorna a destra questa conca e si punta all’evidente intaglio alla base la cresta NE della nostra montagna, la Bocchetta di Lagazzolo (q. 2778 m). Il canaletto che bisogna risalire per raggiungerla è ripido e molto franoso, ma non pone particolari difficoltà.
Raggiunto il valico, si inizia ad arrampicare, diversi ometti di pietre presenti fin quasi in vetta ci indicano la via migliore da seguire. Inizialmente si aggirano a sinistra le prime rocce, superando anche una placchetta esposta di II. Ritornati sul filo, si aggirano con percorso evidente i diversi ostacoli e ben presto ci troviamo di fronte ad un’impennata della cresta. La si può superare direttamente con passaggi di II+/III, oppure aggirare a sinistra, per un canaletto esposto e franoso (alla sommità di questo passaggio c’è un cordino per la discesa in doppia del salto).
Poi si prosegue in prevalenza lungo il filo della cresta, oppure un poco a destra dello stesso, con passaggi anche esposti, fino a raggiungere un risalto verticale di una ventina di metri (quello indicato nella seconda immagine di dettaglio), il tratto più impegnativo dell’intera ascensione. Lo si supera inizialmente risalendo un canaletto, per poi traversare brevemente a sinistra e quindi arrampicando lungo il muro quasi verticale, con passaggi di III/III+.
Giunti alla sua sommità (chiodo per la calata in doppia), c’è un breve tratto orizzontale della cresta, a cui fanno seguito pochi metri di discesa, poi si evita una nuova impennata con un largo aggiramento a sinistra, su terreno franoso e a tratti esposto. Noi abbiamo scelto questa alternativa di aggiramento anche se alcuni ometti di pietra indicano di proseguire lungo il filo, che ci è però apparso molto esposto e affatto facile. Ritornati in cresta, si arrampica anche qui appoggiando a destra, per poi rientrare al centro, fino a raggiungere le gobbe della cresta sommitale che diviene sempre più larga e quasi pianeggiante, fino in vetta.
Come per la salita.
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