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TRAVERSATA DI MONTAGNA A CURA DI GUIDO CAIRONI



Traversata delle 13 cime


a cura di Guido Caironi

Parte delle cime della traversata viste dalla vetta del Pizzo Tresero
Parte delle cime della traversata viste dalla vetta del Pizzo Tresero

Regione: Lombardia
Alpi: Italiane - Alpi Occidentali - Retiche - Gruppo Ortles Cevedale
Punto di partenza: Rif. Berni al Passo Gavia (q. 2541 m)
Direzione di salita: SW - NE - N
Quota massima: 3769 m
Dislivello di salita: 2900 m
Dislivello totale: 3900 m
Tempo di salita: 18,00 h
Tempo totale: 21,00 h
Difficoltà: EEA - AG - IV - AD (scala difficoltà)
Punti di appoggio: Biv. Meneghello (q. 3350); Rif. Mantova al Vioz (q. 3535 m) ; Biv. Colombo (q. 3485 m) ; Rif. Casati (q. 3269 m)
Tipo di salita: Traccia su ghiacciaio
Periodo consigliato: fine giugno - luglio
Cartografia: TABACCO N. 08 - Ortles-Cevedale 1:25000
Attrezzatura:
Valutazione:


Introduzione:
La Traversata delle 13 Cime è una classica dell’alpinismo lombardo (un tempo addirittura dell’alpinismo europeo): una lunga cavalcata sul filo di cresta, sullo spartiacque tra Lombardia e Trentino, tra cime ghiacciate e distese glaciali. Un percorso aperto in giornata nel lontano 1891, che conserva tutt’oggi un grande fascino ed una bellezza notevole. La lunga avventura, che può essere affrontata anche nel verso opposto, permette di toccare tutte le tredici cime dello spartiacque: Pizzo Tresero, Punta Pedranzini, Cima Dosegù, San Matteo, Monte Giumella, Punta Cadini, Rocca Santa Caterina, Cima di Pejo, Punta Taviela, Monte Vioz (preceduto dalla non attualmente aggirabile Cima Linke), Palon de La Mare, Monte Rosole, Cevedale. La necessità di scavalcare la Cima Linke porta invero il numero di cime da 13 a 14.

Accesso:
Si raggiunge il Rifugio Berni (q. 2541 m), da Santa Caterina, lungo la strada per il Passo Gavia (pochi chilometri prima del passo), parcheggiando direttamente al rifugio.

Descrizione:

1° giorno

Rif. Berni - Pizzo Tresero: lasciata l’auto al Rif. Berni si attraversa la strada e ci si incammina su di un sentiero ben tracciato (sentiero 25, direzione N), seguendo le indicazioni per il Pizzo Tresero ed attraversando il Pian Bormino. Si perde un poco di quota e si piega poi verso destra entrando nel profondo solco, tra pareti di roccia, scavato dal Torrente Dosegù, che si attraversa sul Ponte dell'Amicizia (seguire le chiare indicazioni).
Seguendo sempre la traccia (sent. 41 con segnavia rosso-bianco-rosso un po’ sbiadito) si supera un tratto erto, guadagnando un balcone panoramico, tra ganda e ghiaioni: a NE è ammirabile il ghiacciaio del Dosegù, con alle spalle il San Matteo. Verso S si intravede invece la Vedretta di Val Umbrina. Sempre alternando tratti scoscesi a porzioni in falsopiano si raggiunge un ampio catino glaciale (oramai è presente soltanto neve primaverile, in quanto il ghiacciaio di Punta Pedranzini, che scende dal Pizzo Tresero, si è disgiunto dall'apparato del Dosegù) ove, di fronte a noi, si innalza in buona pendenza il pendio glaciale che dovremo affrontare.
E' meglio allora legarsi in cordata e, osservando in alto alla nostra sinistra il Bivacco Seveso, si risale zigzagando questo primo tratto glaciale, sino a ritrovare un terreno meno erto. E' preferibile a questo punto evitare di risalire sino al Bivacco, decidendo invece di proseguire in linea retta, verso la vetta del Tresero, camminando sul ghiacciaio, sempre tenendo alla nostra sinistra la cresta rocciosa.
All'incirca nei pressi di un grosso masso erratico si volta a sinistra, risalendo un ripido pendio innevato, in direzione di una corda fissa e di una catena. Si risale la fascia rocciosa (molto sdrucciolevole) aiutandosi con una corda prima e con la catena poi, mettendo piede sulla affilata cresta rocciosa. A questo punto non è possibile sbagliare, puntando direttamente verso la vetta del Tresero, raggiungibile in circa 20 minuti (considerando l'ingente peso che dovremo trasportarci ed il dislivello di circa 1000 metri è necessario calcolare, dal Rifugio Berni, almeno 3 - 4 ore di salita).

Pizzo Tresero - Punta Pedranzini: dalla vetta del Tresero (q. 3594 m) si scende verso destra, su facile cresta innevata, raggiungendo la depressione tra Tresero e Punta Pedranzini, risalendo poi le roccette (I-II grado) sino alla punta stessa. Nell'ultimo tratto è possibile spostarsi verso destra, attraversando una baracca militare e raggiungendo la vetta senza alcuna difficoltà (q. 3599 m), in circa 30 minuti. ).

Punta Pedranzini - Punta Dosegù: si scende sul versante opposto, tra resti di trincea e filo spinato (attenzione a non inciampare), su larga cresta detritica, abbassandosi alquanto sul ghiacciaio del Dosegù (pare quasi di toccarlo, alla nostra destra) sino a risalire facilmente alla Punta Dosegù (q. 3560 m) in circa 45 minuti.

Punta Dosegù - Punta San Matteo: sempre per cresta a volte nevosa, a volte rocciosa, si scende sull'opposto versante (cresta SE), prestando molta attenzione alla cornici alla nostra sinistra (davvero spettacolare è la vista sulla parete nord del San Matteo e sulla sottostante parete glaciale). In caso di neve marcia è preferibile scendere sino al plateau glaciale alla base della rampa che sale al San Matteo, evitando la cresta che congiunge la base del Dosegù alla sella del San Matteo.
Ad ogni modo (o per cresta o risalendo il pendio nevoso, a volte con affioramento di ghiaccio) si raggiunge la sella nevosa posta sulla cresta NW del San Matteo e si scala un canale, alla destra di un dente roccioso (se ghiaccio vivo è consigliabile assicurarsi ai due chiodi presenti al termine del canale stesso, magari effettuando un punto di sicura sui numerosi spuntoni rocciosi posti alla destra del canale). Proseguendo per roccia marcia si piega lievemente a destra e si risale sino alla vetta del San Matteo (attenzione alle scariche di sassi), raggiungendo la croce (q. 3678 m) in circa un'ora-un’ora e mezza, dalla vetta del Dosegù. Entusiasmante è la vista sui seracchi della parete nord. ).

Punta San Matteo - Biv. Meneghello: dalla cima si discende su facili pianori ghiacciati (crepacciati), transitando sotto il versante settentrionale del Monte Giumella (q. 3596 m), che si può raggiungere lungo la cresta W (ripercorrendola poi a ritroso). Sempre mantenendosi sul filo nevoso di cresta (evitare di scendere a destra sulle rocce) si perde quota assecondando l'andamento del percorso che voltando a destra ci conduce verso il Colle degli Orsi. Poco sopra al colle (lo si vede all'ultimo momento) è situato il Bivacco Meneghello (circa 3350 m.) ad un'ora circa dalla vetta del San Matteo.

In tutto ci saranno volute circa 3-3,30 h dal Tresero, 7-8 h in totale dal Berni (o forse anche qualcosa in più, considerando la quota e l'affaticamento).

2° giorno

Biv. Meneghello - Punta Cadini: ci si affaccia dal bivacco, si scende per facile cresta al Colle degli Orsi (q. 3304 m, il punto più basso dell'intera traversata) e si prosegue sempre sul filo di cresta (alcuni passaggi più esposti sono evitabili sulla sinistra, cioè sul versante dei Forni), in saliscendi, sino alla base occidentale di Punta Cadini. Alcune tracce invitano a scendere sul ghiacciaio, al fine di evitare il faticoso saliscendi ed il tratto roccioso: la presenza della profonda crepaccia terminale, la pendenza sostenuta e l'affioramento di ghiaccio vivo con crepacci insidiosi possono però ritenersi un buon suggerimento per mantenersi sempre sul filo di cresta (soluzione che rimane sempre la più indicata per tutto il percorso delle Tredici Cime).
Si attacca la spalla occidentale di Punta Cadini, che in linea teorica dovrebbe presentarsi ghiacciata e coperta di neve; in realtà a stagione neanche troppo inoltrata (almeno quest'anno) si presenta completamente nuda, costituita da fine detrito e fanghiglia insidiosa. Ci si sposta un poco a sinistra, seguendo alcuni pali in legno infissi nel terreno (residui di tratti di filo spinato) arrancando su terreno assolutamente instabile, superando un piccolo nevaio e portandosi poi verso destra su roccia meno friabile sino alla vetta (q. 3524 m), in 1-1,30 h a seconda delle condizioni dal bivacco.

Punta Cadini - Rocca S. Caterina: si scende per pochi passi verso S, camminando in una trincea di guerra e percorrendo una scala di legno (verso sinistra), sempre ovviamente risalente al periodo degli eventi bellici (numerosi baraccamenti e camminamenti sono qui ben conservati). Si segue il filo di cresta nevosa sino alla base della lunga cresta che conduce a Rocca Santa Caterina.
Dapprima si risale su larga cresta (roccioni), seguendo tutt’al più le ramponate dei nostri predecessori (I), piegando poi a sinistra e scalando la cresta meridionale della Rocca. I primi passaggi molto facili sono seguiti poi da un tratto molto affilato, su lame di roccia (roccia buona, con qualche chiodo ed un paio di corde fisse; è eventualmente necessario confezionare sul posto alcune soste o sicure sui numerosi spuntoni), giungendo ad un caratteristico ed esposto intaglio.
Si risale un canalino, aiutandosi con una corda fissa (II) per poi risalire una paretina/diedro di IV°, attrezzata con corda metallica e fittoni (pertanto tutto sommato facile). Eccoci allora sulla vetta di Rocca Santa Caterina (q. 3524 m), 1,30 h da Punta Cadini.

Rocca S. Caterina - Cima di Peio: si scende la cresta N, sino al suo termine, ove è necessario spostarsi a destra, scalando in discesa un passaggio un poco impegnativo (II o qualcosa in più), piegando poi a sinistra, al fine di evitare un salto di circa 4-5 metri che impedisce la progressione diretta (seguire sempre le ramponate sulle rocce).
Si risale sull'opposto versante sino ad una elevazione, si piega a destra sempre sul filo di cresta o sul ghiacciaio poco a sinistra, sino a guadagnare abbastanza agevolmente la Cima di Peio (q. 3549 m.) in circa 1 h.

Cima di Peio - Punta Taviela: dalla vetta, su saliscendi tecnicamente facili ma da non sottovalutare per l'esposizione e le caratteristiche della roccia, si perde nuovamente quota, si risale attraversando un nevaio e si perviene alla vetta di Punta Taviela (q. 3612 m) in circa 45 minuti.

Punta Taviela - Cima Linke: dalla punta si percorre tutta la cresta che attraversa la Taviela, su terreno misto in direzione E-NE, superando una elevazione intermedia, un breve scivolo nevoso e raggiungendo la vetta orientale, predisponendosi per la successiva calata. Il percorso è stato fortunatamente segnato con bolli e frecce gialle, in alcuni tratti attrezzato (un paio di catene ed alcuni chiodi), ma non è assolutamente da sottovalutare (insieme a Rocca Santa Caterina è il tratto più ostico della traversata).
Su roccia infida e detritica (a volte coperta di neve o vetrato), con molta attenzione anche per la possibile caduta di pietre, si inizia la calata (il primo tratto volendo può essere disceso in corda doppia) sino al sottostante Col Vioz (q. 3330 m). E' necessario calcolare circa 1 h dalla Punta Taviela alla depressione del colle.
Si risale sul versante opposto sempre su cresta (massi incastrati), raggiungendo una elevazione; si scende su nevaio e si risale nuovamente per cresta sino alla base della Cima Linke (q. 3630 m). Da qui, seguendo con attenzione i bolli gialli, si scala un infido canalino (II), sino alla vetta Linke (1 h buona dal Col Vioz), impreziosita da una croce lignea.

Cima Linke - Monte Vioz: seguendo i passaggi più semplici ci si porta sul sottostante plateau glaciale (numerosi resti di animali morti e reperti bellici; probabilmente, durante la guerra, sorgevano qui delle stalle per muli), cercando di non inciampare nei resti di barricate e filo spinato. Si attraversa il ghiacciaio per circa trecento metri, in direzione della croce del Monte Vioz e, risalito un canale-pendio, si tocca dapprima un punto trigonometrico e poi la vetta del Monte Vioz (q. 3645 m). Scendendo sulla cresta meridionale in circa 15 minuti si raggiunge il Rifugio Mantova al Vioz (q. 3535 m). Da Cima Linke è necessario conteggiare circa 30-40 minuti.

Dal Bivacco Meneghello al Rifugio Mantova al Vioz sono necessarie almeno 7 ore.

3° giorno

Monte Vioz - Palon de la Mare: si risale in 20 minuti alla vetta del Vioz, puntando poi verso la Cima Linke, scalata il giorno precedente. A circa metà tra Vioz e Cima Linke si volta a destra (eventuale traccia), scendendo verso il Passo della Vedretta Rossa (q 3405 m), in lenta e dolce discesa, percorrendo i tratti più convenienti e ponendo attenzione ad eventuali crepacci.
Rimanendo a sinistra (faccia verso il monte) rispetto al primo tratto della cresta SW del Palon de la Mare (il primo tratto di cresta è infatti evitabile) si risale il pendio ghiacciato puntando verso un intaglio nella cresta stessa; intaglio che si raggiunge tramite un breve canalino terroso. Da qui si percorre il filo facilmente (passi di I e II), sino alla calotta ghiacciata che anticipa l'arrivo in vetta (q. 3703 m., 2 h circa).

Palon de la Mare - Monte Ròsole: si cala quindi sul versante opposto, con molta attenzione ai crepacci, qui insidiosi, puntando alla depressione del Col de la Mare (q. 3442 m), piegando nel tratto centrale un poco verso destra (per evitare una seraccata che precipita sul lato dei Forni). Scendendo sempre con attenzione si transita nei pressi di un lago ghiacciato e di un inghiottitoio, in vista del Bivacco Colombo (che sorge sulla cresta settentrionale del Rosole, proprio sopra il Col de la Mare).
E' possibile o percorrere la cresta rocciosa (lasciando il laghetto sulla destra) oppure attraversare a destra (più indicato), tenendo il lago e l'inghiottitoio sulla sinistra e risalendo un piccolo circo nevoso, sino al breve tratto roccioso che conduce direttamente al bivacco (tracce di passaggio e stazione meteorologica in sito sul ghiacciaio).
Dal bivacco (q. 3485 m), che si raggiunge in circa 1 h dalla vetta del Palon de la Mare, sempre per cresta si superano le due punte del Monte Ròsole (q. 3536 m), con attenzione soprattutto calando dalla prima vetta (la roccia è effettivamente di cattiva qualità ma, come dicevamo in precedenza, è sempre preferibile seguire fedelmente il filo di cresta). Si raggiunge così in circa 45 minuti dal bivacco il Passo Ròsole (q. 3502 m), proprio di fronte alla cresta meridionale del Monte Cevedale.

Monte Ròsole - Monte Cevedale: non resta che risalire la cresta S del Cevedale, tenendosi sul margine sinistro (crepacci nel tratto iniziale) sino alla vetta stessa, il punto più elevato della traversata, vincendo così anche la tredicesima cima (q. 3769 m, 45 minuti dal Passo Ròsole).

Per raggiungere il Cevedale dal Rifugio Mantova al Vioz si impiegano 4-4,30 h.

Dalla vetta si percorre il tratto di cresta che unisce il Cevedale alla Zufall Spitze, piegando poi a sinistra e scendendo lungo la via normale, senza mai rinunciare alla prudenza ed all'attenzione, dovendo infatti attraversare alcuni grossi crepacci e la (molto aperta quest'anno) crepaccia terminale. Un plateau glaciale con una buona traccia seguito poi da ghiaccio vivo in un dedalo di crepacci preannunciano l'arrivo al Rifugio Casati al Passo Cevedale (q. 3269 m), che appare sempre vicino, ma che si fatica a raggiungere proprio per l'interposizione di un tratto a dir poco labirintico (tre anni fa questa porzione di percorso era assolutamente banale e facilmente transitabile, quest’anno un poco più ostica ma, essendo in falsopiano, non richiede più grandi fatiche, ma una buona dose di orientamento ed esperienza).

Discesa:
Dal Rifugio Casati si scende su sentiero sino al Rifugio Pizzini e da qui, lungo la mulattiera della Val Cedec/Val dei Forni si ritorna all'Albergo dei Forni dal quale è necessario trovare il giusto passaggio in auto per risalire al Berni. E’ possibile accordarsi per un servizio di navetta (con fuoristrada) dal Pizzini ai Forni.

Note:
Il percorso non è mai banale, pur non essendo eccessivamente difficile. Non sono presenti indicazioni e, ad eccezione di alcune tracce spesso ingannevoli, è necessario saper trovare in autonomia i punti di passaggio più adeguati (come suggerimento è utile seguire le ramponate sulla roccia e mantenersi sempre, ripeto sempre, sul filo della cresta).

I tratti più complessi sono due: la cresta di Rocca Santa Caterina, ove su alcune lame affilate sono presenti dei chiodi per eventuali soste e dove è necessario scalare (nel verso da noi proposto) una paretina di IV attrezzata con cavo e pioli (pertanto banale); e la discesa da Punta Taviela, molto infida per la pessima qualità della roccia e la presenza di detrito e spesso vetrato (attualmente il percorso è tracciato a visibili bolli gialli, con presenza di qualche anello per eventuali doppie).

Non è inoltre banale la salita del canalino che precede la cresta terminale del San Matteo (soprattutto se trovato, così come a noi è capitato, completamente ghiacciato) e la risalita di Cima Linke (roccia di cattiva qualità).

L’autore dispone inoltre di tutti gli azimuth dei tratti percorsi e di una traccia GPS sino al Palon de la Mare (cioè sino al momento della defezione di tutte le batterie del dispositivo).

Autore: Guido Caironi - Altre traversate dell'autore...

Data: 20, 21, 22 luglio 2010

© VieNormali.it
Traversata delle 13 cime - Dalla vetta del Tresero verso la P. Pedranzini e il S. Matteo
Dalla vetta del Tresero verso la P. Pedranzini e il S. Matteo
Traversata delle 13 cime - Il seracco sotto la cima dal S. Matteo
Il seracco sotto la cima dal S. Matteo
Traversata delle 13 cime - Dalla cima del S. Matteo verso Giumella e Rocca di S. Caterina
Dalla cima del S. Matteo verso Giumella e Rocca di S. Caterina
Traversata delle 13 cime - M. Vioz e Palon della Mare dal S. Matteo
M. Vioz e Palon della Mare dal S. Matteo

Mappa del percorso Traversata delle 13 cime
Tracciato indicativo della traversata





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