Nella tappa di Milano Simone Moro e Denis Urubko hanno presentato il film "Exposed to dreams" sul tema dell'Alpinismo ai Giorni Nostri, arricchito con racconti di ascese invernali e sopravvivenza contro le avversità in ambienti e condizioni atmosferiche estremi.
Sceneggiatura: Alessandro Filippini
Regia: Alessandro Filippini, Marianna Zanatta
Prodotto da: Altitude srl – Simone Moro
Montaggio: 25FPS – Endrio Gobbo
Direttore della fotografia: 25FPS – Denis Morosin
Mix musicale: 25FPS – Endrio Gobbo
Contributi video e fotografici: Hans Peter e Helmut Karbon, Andreas Nickel, Ralf Dujmovits, Furwa Jangbu Sherpa, Leo Dickinson
Alpinisti: Simone Moro, Mario Curnis, Denis Urubko, Conrad Anker, Kinga Baranowska, Gerlinde Kaltenbrunner
Piloti di elicottero: Simone Moro, Piergiorgio Rosati, Maurizio Folini
Durata: 24.30 minuti
Chi pratica l'alpinismo come avventura, cerca i luoghi dove vivere i propri sogni. Perché, come disse Walter
Bonatti, "l'avventura va prima sognata". Ed è in questo sogno che ancora sopravvive la dimensione
ulissiana dell'uomo: una ricerca soprattutto interiore. Che però si esplica in azione nei luoghi selvaggi.
Dove sono le difficoltà naturali - freddo, pericoli, solitudine e così via - a determinare successo o
insuccesso.
Quasi sempre. Perché oggi può accadere che sia la folla degli "avventurieri dell'all inclusive" a
interrompere il sogno, a renderlo impossibile. È quanto accaduto a Simone Moro nella primavera 2012
sull'Everest, dove cercava una impresa ancora non realizzata: il concatenamento della montagna più
alta del mondo con il vicino Lhotse.
Il film è il racconto di come e perché l'alpinista bergamasco, famoso per le sue salite invernali sugli
Ottomila, questa volta ha deciso di fare marcia indietro quando già era oltre i 7500 metri, incolonnato
verso Colle Sud in una fila infinita che si rifiutava perfino di lasciarselo passare accanto.
Ed è anche il quadro, a tratti impietoso, di quello che è l'alpinismo himalaiano ai nostri giorni: ancora
avventuroso come negli anni delle prime spedizioni, oppure nulla più di una nuova forma di turismo
"spinto". Con le più alte montagne della Terra incolpevoli testimoni di questo scontro di filosofie: sia
terreno per la ricerca dei confini della volontà e del coraggio, sia luoghi dove ottenere a pagamento
una effimera "vittoria". Esse là, sempre uguali, con gli uomini a rendere così inconciliabilmente
differenti le medesime rocce, i medesimi ghiacci.
Il racconto si svolge su due piani: in diretta, nell'aria rarefatta di spettacolari montagne e nello stupore
amaro da parte di Simone dell'impossibilità di portare a termine, in simili condizioni, quanto si era
prefisso. E in un ambiente completamente diverso, agreste, a colloquio con un amico che meglio di
chiunque altro poteva condividere quella amarezza. Ma anche riconoscere la capacità di Simone di
coltivare subito nuovi sogni. Per il presente di nuove possibili scalate fuori dalla "pista", irrealizzabili
questa volta per motivi oggettivi e naturali. O per il futuro di un'attività come quella di pilota di elicotteri
che gli consentirà di restare attivo sulle più alte quote himalayane anche e soprattutto per aiutare le
popolazioni locali, che ancora vivono in situazioni ben lontane dalle nostre comodità e soprattutto dalle
nostre sicurezze.
Alla fine, anche chi non lo conosce scoprirà che questo amico è un grande alpinista: Mario Curnis,
bergamasco lui pure, che con Simone ha condiviso una salita proprio dell'Everest, effettuata, quando
aveva già 65 anni, per cancellare il ricordo amaro di quando, nel 1973, gli fu impedito di tentare la
cima.
Quella di Curnis non è l'unica altra voce del film, perché vari alpinisti famosi, incontrati al campo base
dell'Everest, ci aiutano a capire chi è Simone Moro e quanto egli sia apprezzato dai suoi più validi
colleghi d'avventura. Conrad Anker, Gerlinde Kaltenbrunner e Kinga Baranowska con le loro parole
compongono il quadro di una persona apprezzata per quello che fa e per come lo fa. Emozioni in
parole che si aggiungono a quelle in immagini spettacolari: dall'incredibile, assurdo affollamento
all'Hillary Step al vertiginoso recupero in "long line" o ai tanti voli a quote limite per gli elicotteri, che
soltanto i più abili piloti - Simone fra loro - sono in grado di condurre fin lassù.
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