Il lungo viaggio di Giancarlo Sardini che ha trasformato l'alpinismo andino
Come vorrei che l'Andinismo, piú che un lusso da ricchi e un desiderio di conquista della vetta e del successo da palcoscenico, fosse un cammino per essere piú semplici e buoni, dove si imparasse attraverso il sacrificio ed il lavoro gratuito ad essere un pó piú modesti e a guardare a chi é piú povero. Vivi e sogna...quel che c'é di importante nella vita non si vede... ma va cercato... ricordatelo. Cosí la conquista della vetta, la scoperta e l'esplorazione devono portarci a cercare ció che non si vede, perché questa é la linfa del la VITA.
La mia storia tra le montagne inizia tanti anni fa, fin da piccolo il mio papá mi portava in montagna, poi a 19 anni ho incontrato l'
Operazione Mato Grosso, attraverso le avventure e i campi di lavoro in Val Formazza. Andavo da ragazzo, come tutti i giovani che cercano qualcosa, un senso piu profondo alla propoia vita. Ho iniziato a frequentare il gruppo dell'Operazione Mato Grosso nel 1985, lavorare per i poveri: raccogliere la carta, ferro, stracci e costruire amicizie importanti; amicizie che mi hanno fatto conoscere persone che hanno segnato la mia vita. L'incontro con
Battistino Bonali è stato un passo importante per me. Battistino mi ha portato a guardare le montagne con un'occhio diverso, un'occhio verso i poveri e verso i giovani. A prescindere dalla razza, dalla societá, dalla classe política, i ragazzi vanno aiutati, consigliati guidati. Cosí le montagne della Cordigliera (prima Boliviana e poi Peruviana) hanno fatto da contorno alla mia vita. Per anni sono andato per le montagne con questi ragazzi. La povertá estrema di questi luoghi ha sempre toccato il mio cuore.
La particolaritá della mia vita sensibile, soprattutto a argomenti di povertá, miseria, ingiustizia, mi ha portato lontano. Cosí nel 1997 con la mia familia mi sono trasferito in Perú. Ecco le mie figliole piccolissime, mia moglie ed io; eravamo giovani (15 anni fa) Abbiamo iniziato a reclutare i ragazzi dell'Oratorio delle Ande perchÈ potessero entrare nella Scuola di Guide; ragazzi giovani, poveri, poverissimi, senza un futuro davanti. Alcuni pastori, andavano ingiro con le loro pecore ed avrebbero avuto questa vita anche dopo. Questo modo di guardare i ragazzi non scelti tra gradi professionisti e abili scalatori, ma scelti per la loro povertá ci ha portato a stare in Perú 15 anni. 15 anni in cui abbiamo cresciuto, coltivato una amicizia e soprattutto degli ideali con questi giovani, che adesso dopo tanti anni sono guide riconosciute dall'Unione Internazionale. Per fare questo cammino mi sono avvalso di tanti amici che sono venuti ad aiutarmi. Come vedete, i primi ragazzi, erano vestiti alla bellemeglio: abiti fatti a qualche maniera, scarponi da sci invece che Koflach. Ecco la nostra casa dove abbiamo vissuto. Casa che abbiamo messo in ordine quando siamo arrivati. Ecco i primi ragazzi che sono venuti con noi a fare i corsi. Corsi di roccia, corsi di orientamento, di scalata ecc. La casa ha accolto tanti turisti e tanti amici che venivano da noi, che si appoggiavano per poter fare poi le loro scalate. A tutti quelli che passavano, sempre gli ricordavamo che bisogna guardare ai poveri, agli ultimi. Bisogna salire in alto per aiutare chi stá in basso, e cosí con questa filosofía di interpretare la montagna, siamo partiti.
All'inizio non sapevo che tutta questa avventura mi avrebbe portato fin qui. Ero ignaro di tutto, inconsapevole, giovane, spensierato. Nel cuore tanta voglia di fare con questi ragazzi e non lasciarli mai. Cosí sono iniziate le esplorazioni, grandi avventure, camminate, spedizioni, viaggi e scalate su vie nuove sulle montagne della Cordigliera. Questi ragazzi li conosco, non dico di essere amico al cento per cento, ne di averli nel cuore tutti, dico che li conozco bene, che so i loro pregi, le loro qualita, i loro difetti. Li ho conosciuti stando con loro, vivendo con loro; ho condiviso sia le cose belle, le gioie di una scalata, di una avventura, ho condiviso le lacrime nel perdere un amico caro sotto una valanga. Insieme abbiamo esplorato la Cordillera da NORD a SUD. Siamo stati sulla dorsale delle Ande per lunghi giorni, settimane, mesi, mentre Marina e le ragazze mi aspettavano a casa... Andavo per monti, correvo, guardavo le montagne, mi piacevano!
Dentro di me pensavo: "questi ragazzi un giorno saranno GUIDE, sempre ho pensato che questi ragazzi dovevano essere guide, avere una dignitá, guadagnarsi il pane con la loro fática, il loro sudore e sopratutto le loro capacita, capacita che negli anni hanno dimostrato agli occhi del mondo. Non solo gli Europei possono essete guide di montagna, ma anche i peruviani, ecco l'esempio di questo lavoro fatto nella persevarenza, capillare, semplice e dedicato". Cosí hanno parlato di noi sulla rivista Lo Scarpone in varie occasioni. Ogni volta era una gioia leggere di noi, di quello che facevamo. Sempre con l'occhio puntato verso i piú indigenti. Sempre mi sono ricordato che l'Operazione Mato Grosso mi ha insegnato a guardare chi è peggio di me, chi vive peggio di me, chi è piu povero. Per me oggi non è piú possibile interpretare l'andinismo se non si cerca di: "Salire in alto per aiutare chi sta in basso" (Battistino Bonali). Certo che costa fática e sudore, ma è questo il cammino che dobbiamo fare...
Gli articoli su di noi, la stampa ne ha scritti tantissimi. Si è scritto e riscritto, si è parlato molto della nostra esperienza, forse unica in tutto il Sud America. Dietro questa avventura, sono sorti i Rifugi: Rifugio Perú, Rifugio Ishinca, Rifugio Huascarán, Rifugio Contrayerba e Bivacco Longoni. Non sto qui a narrare la storia di ogni rifugio, dico che questi rifugi sono stati costruiti dai giovani campesinos con tanti scarifici, lavorando duramente, con l'idea di raccogliere fondi per i piu poveri. La gestione dei Rifugi è in mano ai ragazzi dell'oratorio Don Bosco, fino ad oggi abbiamo costruito 2000 case per le famiglie piu indigenti delle vallate altoandine.
È un lavoro lungo, che ha comportato tanti anni, tanti sacrifici, tanto lavoro. Oggi le mie figlie sono grandi, noi abbiamo perso un po di capelli, peró abbiamo desiderato lasciare un segno tangibile di cosa voglia dire fare la Caritá sulle Ande.
Poi la costruzione del
Centro Andinismo Renato Casarotto, un centro che puó ospitare 60 turisti e interamente gestito dalle GUIDE Don Bosco, non dico che non ci sono difficoltá, ce ne sono parecchie, peró l'idea è che questi ragazzi (oggi guide) possano con il tempo, prendere coscenza e condurre sempre meglio il Centro Andinsimo.
Leggi l'articolo sui rifugi dell'Organizzazione Mato Grosso
Giancarlo Sardini
Per informazioni su trekking e scalate con le Guide del Centro Andinismo Renato Casarotto visitare il sito web:
www.trekkingandini.net