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Lo Jôf di Miéz da SW |
Regione: Friuli Ven. Giulia (Udine)
Alpi e Gruppo: Alpi Orientali - Alpi Giulie - Gruppo Montasio Provincia: Udine Punto di partenza: Pleziche (q. 820 m), Val di Dogna Versante di salita: SW Dislivello di salita: 1154 m - Totale: 2300 m Tempo di salita: 6,30 h - Totale: 12,00 h Periodo consigliato: giugno - settembre |
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Cima elegante ed ardita, oscurata dai vicini incombenti appicchi del Montasio e del Cimone. Raramente visitata per la mancanza di sentieri e per la prossimità di altre più rinomate cime. La prima salita alpinistica si deve a Krammer e Kugy, con le guide Cappellari e Komac (1898), molto probabilmente preceduti da cacciatori locali. Viene qui proposta come via di salita una variante a tale itinerario ed il percorso originario come via di discesa.
Da Plèziche in Val Dogna intraprendere il sent. 655 (segnalazioni di sentiero inagibile) che si abbassa di un centinaio di m. sul fondo del torrente Dogna (passerella) e poi risale ripidamente sulla sin. or. (numerosi alberi abbattuti, traccia incerta) fino ad incontrare (900 m. c.) una carrareccia che si addentra nel vallone del Rio Saline. Dopo un tratto in piano la strada perde quota con due tornanti recentemente interessati da una frana (attenzione). Al di là di questa, la carrareccia diventa invasa dalla vegetazione e, ridotta a sentiero, raggiunge il torrente (800 m., ennesimo tratto franoso). Seguire brevemente la traccia che costeggia il rio Saline in d. or. per bosco, quindi entrare nel fondo ghiaioso del rio che si segue lungamente, fino alla confluenza da sin. del canalone Livinâl Lunc, a q. 1050 c. (caratteristica diramazione a Y), sormontata a d. da un promontorio boscoso. Si risale il Livinâl abbastanza agevolmente per breve tratto, quindi ci si trova di fronte ad una strozzatura impraticabile, che occorre aggirare a s., uscendo dall´alveo principale. La diramazione intrapresa presto termina contro le pareti dello Jof: abbandonarla risalendo una crestina sabbiosa a d., oltre alla quale una traccia di camosci tra i mughi consente di ritornare nell’alveo del Livinâl (qui grosso masso liscio con ometto). Risalire quest’ultimo lungamente (acqua, nevai residui) fino a q. 1500 c., presso la confluenza da s. di un’ampia bancata che taglia da d. a s. la parete dello Jôf di Miéz.
Attaccare la bancata tenendosi pref. addossati alle par. di d. (roccette friabili, detrito). Si supera un primo restringimento esposto, si prosegue fino ad una spalletta con mughi oltre alla quale si ha un secondo restringimento, che si oltrepassa sfruttando una cengetta alta, sotto la parete (pass. II-) (è possibile anche passare sfruttando un camino più sulla s., con difficoltà maggiori). Circa 40 m. oltre il secondo restringimento, dove il sistema di cenge sembra esaurirsi, si sale a d. brevemente raggiungendo una cengetta esposta, con mughi, che si segue verso d., fin dove è possibile. Puntando ad un gruppo di larici in alto a sin., si forza un erto e faticoso pendio vegeto-minerale, che dopo circa 20 m. sbuca in un più agevole canale erboso e detritico. Lasciando i larici sulla sin., si segue lungamente il canale, che in alto diviene interamente roccioso (I) e termina ridosso a degli spalti rocciosi riferibili alla Forc. delle Lance, 1798 m., nei pressi della confluenza da d. di un canalone di sfasciumi. Al di sotto degli spalti si trova una buona traccia tagliata trai mughi che prosegue fiancheggiando lungamente la cresta, restando sul suo versante SW, fino in vetta (antico ometto).
Per la via di Kugy et al. (1898): a ritroso per la via di salita fino alla “confluenza da d. di un canalone di sfasciumi”, dalla quale la cengia della via normale risulta già ben visibile. Dai pressi di un caratteristico gendarme isolato si discende per una paretina di roccia discreta (I) entrando nel canalone: discendere per questo una cinquantina di m., fino a che si ha sulla s. una costa con mughi. Per traccia tagliata si doppia la costa entrando in un secondo canale, poco marcato, dal quale verso d. (faccia a monte) prende inizio una cengia ghiaiosa, talora con roccia friabile coperta da detrito. Oltrepassato un primo costone la cengia diviene per un tratto più ampia, quindi si restringe presso il costone successivo, opponendo un delicato passaggio esposto che costringe a carponi (I+). Lungamente lungo la cengia, oltrepassando un’ulteriore strettoia (I). Un ultimo friabile pendio di roccette e detrito consente di calare tra i massi del Livinâl Lunc a q 1570 ca. (qui freccia e cerchio rosso sulla parete), 70 mt. di disliv. al di sopra dell’attacco della rampa percorsa in precedenza.
Lunga ed impegnativa escursione a carattere esplorativo in ambiente selvaggio. Grandiosa la visione sulla parete W del Montasio che si offre dalla cima. La neve può essere presente nel Livinâl Lung fino a stagione avanzata. Il percorso descritto dalla fine del cengione alla cresta non è obbligato nè evidente, pertanto si consiglia il verso di percorrenza sopra riportato. La relazione è stata modificata nel luglio 2011 con il contributo di Marco Indrigo, che ha ripercorso la via nel settembre 2010. Ulteriormente ampliata con l’inclusione della via normale dopo la ripetizione di quest’ultima nell’ottobre 2022.
Il Livinâl Lung con sul fondo il Curtissons | Lo Jôf di Miéz sovrastato dal Montasio | Il Vallone del Rio Saline con a sx lo Jôf di Miéz e a dx lo Zâbus |
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